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EINSTEIN-PODOLSKY-ROSEN (EPR)

Il ponte Einstein-Podolsky-Rosen
Si tratta di fatto di un tunnel che collega due universi. Albert Einstein e Nathan Rosen pensavano che un oggetto che possiede una gravità molto forte, potrebbe in teoria deformare lo spazio circostante, creando uno squarcio dimensionale in grado di accedere ad un ipotetico universo parallelo. L'unico oggetto nell'universo dotato di una forza tale è il buco nero. Il problema è che la forza in grado di creare la porta dovrebbe essere tanto forte da distruggere qualunque cosa che provasse a entrare nel buco nero. Fino a poco tempo fa' si pensava che nessun oggetto potesse entrare in un buco nero senza venire distrutto, ma nel 1963, il matematico Roy Kerr ha messo in piedi una teoria mai smentita che dimostra la possibilità di avvicinarsi ad un buco nero "scansando la forza", senza subirne quindi le sue terribili conseguenze. Egli sostenne la teoria che i buchi neri ruotassero attorno ad un asse. Tutto ciò aveva senso, dato che molte stelle ruotano attorno al proprio asse e dovrebbero continuare a farlo anche quando collassano. Tale teoria cambiò tutto: doveva esistere un secondo orizzonte dell'evento da cui entrare senza problemi. Come l'occhio i un uragano, l'orizzonte dell'evento sarebbe libero dalle forze di gravità che quindi non danneggerebbero più eventuali viaggiatori. In Sliders, Quinn è riuscito a compiere l'ultimo passo: ha infatti risolto l'equazione che descriveva il paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen ed a costruire un ingegnoso macchinario in grado di creare un ponte che permette a cose e oggetti di viaggiare verso dimensioni parallele senza subirne danni.

Ma esistono veramente gli universi paralleli?
Ancora oggi è controverso cosa sia stato veramente scoperto nella rivoluzione della fisica avvenuta fra il 1900 e il 1930. Se si accetta la teoria quantistica, si deve accettare che esistono milioni di altri universi, alcuni quasi identici al nostro, altri assolutamente differenti, abitati da copie-carbone di noi stessi. E' una realtà strana, sconvolgente, così bizzarra che perfino i fisici che hanno formulato la teoria quantistica trovano difficile accettarla. Essi hanno discusso fra loro, ostacolati dal fatto che la lingua non ha parole per i nuovi concetti. Non sorprendentemente, praticamente nessuno al di fuori di quella cerchia di fisici sapeva che la fisica stava subendo una rivoluzione.

In un discorso svagato, a tratti caotico pronunciato a Metz nella Science Fiction Convention del 1977, Dick, un famoso intellettuale, discusse a lungo la sua teoria delle realtà alternative. Sollevò una domanda:

"E se esistesse una pluralità di universi sistemati lungo una specie di asse laterale, cioè ad angolo retto rispetto al flusso del tempo lineare?

Diciamo, tanto per divertimento, che esistono davvero. Allora, come sono uniti uno all'altro, ammesso che lo siano? Per esempio, sono assolutamente separati l'uno dall'altro o si sovrappongono? Se esistono, e davvero si sovrappongono, allora noi potremmo, in un senso traslato ma molto reale, abitare diversi di essi in varie fasi di un dato tempo."

Nel 1935, Albert Einstein, che manifestò sempre dubbi sulla completezza della teoria quantistica, pubblicò, insieme a due collaboratori, un articolo nel quale si mise in luce, con un esperimento mentale, ideale, il paradosso Einstein-Podolsky-Rosen (EPR). Anche se esso non fece crollare la meccanica quantistica, pose un dubbio, che rimane tuttora,  sul carattere completo di tale teoria. Dall'esperimento si ottiene infatti come risultato che è possibile fa viaggiare informazioni fisiche ad una velocità infinita (quindi superiore a quella della luce), ma ciò non significa necessariamente che rientri nella meccanica quantistica, ma che piuttosto tale teoria manca di qualche parte essenziale. Per questo Einstein ipotizzò la presenza di variabili supplementari, le cosiddette variabili nascoste, che avendole trascurate nel suo esperimento, lo aveva portato a quel risultato poco credibile. Tale ipotesi venne poi smentita da Alain Aspect dell'istituto di ottica dell'università di Parigi, con un esperimento conclusosi nel 1982 che costò ben 8 anni di lavoro.

La nozione di spazio è in questo modo violata, e forse oggi comincia a vacillare l'assunzione dello spazio come categoria a priori. In un esperimento del tipo EPR, si è costretti a considerare l'insieme come indivisibile, anche se comporta effettivamente due strumenti di misura separati nello spazio. Non si è più tanto sicuri di avere oggi la definizione giusta di spazio.

Lo stesso accade, come afferma qualcuno abbastanza fantasiosamente, per il tempo. Tali tipi di esperimenti permetterebbero almeno concettualmente di risalire il tempo all'indietro, poggiandosi sull'idea dei diagrammi di Feynmann. In tali diagrammi ad esempio un'antiparticella come il positrone (elettrone di carica positiva), sarebbe equivalente ad un elettrone che scorre all'indietro nel tempo. Tale concetto è in linea di principio applicabile al caso degli EPR.

Un EPR si può spiegare anche in termini di universi paralleli. L'equazione di Schrödinger ed il principio di sovrapposizione ci dicono che per un elettrone sussistono entrambe le possibilità di spin up e down. Il fatto che lo strumento indichi al momento della misura un solo valore dello spin avverrebbe perché all'atto della misura non ci sarebbe riduzione a una sola possibilità, ma la divisione dell'insieme “quanto + strumento di misura” in due insiemi, quindi la creazione di due universi, uno in cui lo spin dell'elettrone è up, ed uno in cui è down. Questo “sdoppiamento” avverrebbe spontaneamente durante tutte le operazioni di misura realizzate nell'universo e durante tutti i fenomeni naturali  che presentano le stesse caratteristiche.

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